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autore
brano
 
Cicerone
De senectute, 41
 
originale
 
41. nec enim libidine dominante temperantiae locum esse, neque omnino in voluptatis regno virtutem posse consistere. Quod quo magis intellegi posset, fingere animo iubebat tanta incitatum aliquem voluptate corporis, quanta percipi posset maxima; nemini censebat fore dubium, quin tam diu, dum ita gauderet, nihil agitare mente, nihil ratione, nihil cogitatione consequi posset. Quocirca nihil esse tam detestabile tamque pestiferum quam voluptatem, siquidem ea, cum maior esset atque longinquior, omne animi lumen exstingueret. Haec cum C. Pontio Samnite, patre eius, a quo Caudino proelio Sp. Postumius, T. Veturius consules superati sunt, locutum Archytam Nearchus Tarentinus, hospes noster, qui in amicitia populi Romani permanserat, se a maioribus natu accepisse dicebat, cum quidem ei sermoni interfuisset Plato Atheniensis, quem Tarentum venisse L. Camillo Ap. Claudio consulibus reperio.
 
traduzione
 
41 Infatti, dove domina la passione non c'? posto per la temperanza e nel regno del piacere non pu? certo resistere la virt?. Per rendere il concetto pi? comprensibile, consigliava di immaginare un uomo eccitato dal piacere sensuale pi? grande che si possa provare: secondo Archita, nessuno avrebbe dubitato che costui, finch? fosse immerso in un godere cos? intenso, potesse pensare, giudicare, intendere qualcosa. Perci? nulla ? cos? detestabile e pestilenziale come il piacere, se ? vero che, quanto pi? ? intenso e prolungato, tanto pi? spegne ogni lume della ragione. Queste le parole di Archita al sannita Caio Ponzio, padre di colui che sconfisse i consoli Spurio Postumio e Tito Veturio nella battaglia di Caudio, e Nearco di Taranto, mio ospite e incrollabile amico del popolo romano, diceva di averle apprese dai suoi vecchi; avrebbe assistito alla conversazione l'ateniese Platone che, come mi risulta, si era recato a Taranto all'epoca del consolato di Lucio Camillo e Appio Claudio.
 

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